Cultura Italia-Russia
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Progetto di cultura e lingua russa.
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Istruzione in festa: la “giornata della conoscenza”
Testa di Mariachiara Rossi

L’inizio dell’anno scolastico nel sistema di istruzione russo ricorre il 1° settembre. Si tratta di una data simbolica che segna il passaggio tra la stagione estiva e quella autunnale e che celebra il “sapere” con il ritorno degli alunni a scuola. Questa giornata è diventata dal 1984, anno in ci fu istituita nell’ex Unione Sovietica, una festa tradizionale molto coinvolgente e sentita nella popolazione russa. Gli studenti, dai più piccoli ai più grandi, si vestono in modo elegante, molti con la divisa ufficiale della scuola, e hanno tra le mani colorati mazzi di fiori. In particolare, le bambine si presentano con acconciature elaborate e impreziosite dalla presenza di fiori e lacci di raso nei capelli. La giornata, all’insegna della gioia e dei colori, prevede varie iniziative tutte rivolte alla celebrazione della “conoscenza” come sfera fondante la stessa società civile russa. Festeggiare l’istruzione è una strategia all’avanguardia e vincente sul piano sociale ed educativo e il sistema scolastico russo, in questo, ci offre un’importante lezione da apprendere. In primo luogo, dà importanza collettiva al valore della cultura e del sapere come crescita sia individuale che popolare segno del continuo progresso di una nazione. In secondo luogo, sostiene le nuove generazioni nel dare un senso al contesto di appartenenza segnato dai valori che solo le tradizioni più vissute possono rappresentare. Non solo, festeggiare l’istruzione è il farsi memoria di un passato, neanche troppo lontano, in cui il diritto allo studio non aveva una valenza universale ma era limitato solo a pochi privilegiati. L’istruzione resta, pertanto, una delle più significative conquiste dell’umanità.

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Sergej Maljutin, la terra e l'anima
Testo di Emmanuela Castiglione

L'estate ha raggiunto il culmine. Sullo sfondo c'è una distesa dorata, che risplende qua e là di bagliori più chiari. La luce non è uniforme perché il cielo è cosparso di nuvole grigio-rosate: forse l'afa finirà in un temporale.
Più avanti il terreno è già spoglio e brullo, ha dato ciò che doveva: sul limite del campo arato i solchi paralleli e bluastri sfumano in una nebbia grigia; la figura di donna in primo piano pare emergere da questa nebbia, suggerita da pochi tratti in basso e sempre più definita, verso l'alto, da dettagli minuti: le pieghe dell'abito, le labbra chiuse, gli orecchini lucenti, i capelli raccolti.
I colori sono gli stessi dello sfondo: i fiori sul vestito hanno le tinte spente delle corolle secche, il volto e i capelli quelle del grano e delle stoppie; gli occhi pensosi hanno le gradazioni del cielo nuvoloso. Sul lato destro del quadro (cioè a sinistra, dove batte il cuore) Maljutin fa svanire Elena e il paesaggio in un unico bianco indistinto, che congiunge e unifica due amori: la donna e la terra, cioè la vita.
Per questo effetto dissolvenza, che copre i contorni come un fumo leggero, il quadro risulta incredibilmente moderno; più che un ritratto pare una visione, un'immagine di sogno, nata dal talento di un artista che ha usato tecniche innovative per esprimere contenuti e valori tradizionali, ribadendo comunque la propria appartenenza al mondo in cui affondano le sue radici.

Sergej Vasilievič Maljutin
Ritratto di Elena Konstantinovna Maljutina (1890)
Galleria Tretjakov, Mosca

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Sergej Maljutin, la terra e l'anima Testo di Emmanuela Castiglione L'estate ha raggiunto il culmine. Sullo sfondo c'è una distesa dorata, che risplende qua e là di bagliori più chiari. La luce non è uniforme perché il cielo è cosparso di nuvole grigio-rosate:…
Maljutin fu un valido architetto: di lui ci restano alcuni edifici (fra cui il Museo Storico) a Smolensk, e soprattutto il palazzo Perstsov a Mosca, celebre esempio di stile neo russo. L'edificio, costruito fra il 1905 e il 1907, ripropone con materiali moderni lo stile dell'antica architettura slava in legno; Maljutin fece decorare grandi parti del complesso con maioliche e vetrate variopinte, disponendo finestre e balconi asimmetrici con forme variate. Il palazzo sembra quindi risultante da elementi diversi uniti fra loro, accomunati solo dal colore rosso della muratura perimetrale. Una curiosità: Sergej Maljutin dipinse la prima serie di Matrioske in legno realizzata dall'artigiano Vasilij Zvyozdochkin, presentata e premiata all'Esposizione Universale di Parigi nel 1900.

Di Emmanuela Castiglione

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Aleksandr Puškin e “L’autunno di Boldino”

“Autunno di Boldino” è la definizione che lo stesso Puškin coniò per il periodo più fertile della sua vita. Si tratta infatti di tre mesi che Puškin trascorse a Boldino nella tenuta del padre, dove era arrivato il 3 settembre 1830 per gestire alcuni patrimoni familiari in vista del suo imminente matrimonio con Natal’ja Gončarova. Tuttavia, e forse non così sfortunatamente, rimase bloccato a Boldino a causa della quarantena per un’epidemia di colera che si era diffusa fino a Mosca. Ormai costretto a vivere in campagna fino ai primi di dicembre dello stesso anno, Puškin, amante della solitudine e dell’autunno, colse l’occasione per impegnare al meglio il suo genio creativo; diede vita ad opere inestimabili della letteratura russa, cimentandosi nei generi più disparati: concluse l’ottavo e nono capitolo dell’“Evgenij Onegin” e alcune piccole tragedie, tra cui “Mozart e Salieri”; una trentina di componimenti poetici, come “I demoni”, “Elegia”, “La preghiera” e “I versi scritti di notte, durante l’insonnia”, e la sua prima importante opera in prosa, “I Racconti di Belkin”, ovvero cinque povest’ (racconti lunghi) che sancirono il destino dell’autore anche come scrittore. Durante “l’autunno di Boldino” Puškin era solito alzarsi molto presto per prepararsi alla scrittura, cui dedicava intere giornate, preda com’era del suo impulso creativo.

Testo di Chiara Munerato

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Il Cremlino di Kazan: un capolavoro multiculturale nel cuore della Tatarstan
Testo di Anna Laura Santella

Il Cremlino di Kazan, situato nella città di Kazan nella regione del Tatarstan, è una delle testimonianze più straordinarie dell'architettura e della storia russe. Questa fortezza millenaria rappresenta un incrocio di culture, un luogo dove storia e architettura si fondono per creare un monumento unico. Costruito nel XVI secolo dopo la conquista di Kazan da parte di Ivan il Terribile, il complesso riflette la fusione delle tradizioni russe e tatare. Questo connubio culturale si manifesta sia nell'architettura che nei dettagli decorativi del complesso: esso unisce stili architettonici vari, come la maestosa Torre Söyembikä e la dettagliata Cattedrale dell'Annunciazione, che combinano influenze orientali e occidentali. Questo complesso va oltre l'architettura, simboleggiando l'armonia religiosa e culturale, ospitando sia comunità cristiane che musulmane. Nel 2000, l'UNESCO ha riconosciuto il Cremlino di Kazan come Patrimonio dell'Umanità, sottolineando la sua importanza storica e il messaggio di unità e tolleranza che trasmette. Il Cremlino di Kazan rimane un esempio tangibile di convivenza multiculturale e di preservazione dell'eredità storica condivisa.

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La prima decade di Settembre (Сентя́брь)
Testo di Lev Popov

Il nono mese del calendario gregoriano ed il primo dell'autunno, Settembre è un periodo ricco di festività popolari e giorni dedicati ad attività, tradizioni o credenze specifiche, tra paganesimo e Cristianesimo.
Il due settembre, ad esempio, il giorno di Fedot e Rufina, porta con sé un detto: “Федот и Руфина - не выгоняй со двора поутру скотину” (“Non portare il bestiame fuori dal cortile la mattina di Fedot e Rufina”).
Il giorno successivo, il tre settembre, era il giorno di Domna, in cui si usava liberare la casa dai vestiti e panni vecchi.
Il cinque, legato a Santa Elisabetta, è considerato un giorno favorevole per visitare i veggenti e farsi predire il futuro.
Il sesto giorno di settembre è il giorno dell'Arcangelo Michele, in cui era vietato lavorare ed era tradizione accendere un grande cero in chiesa e pregare. Si credeva che la prima gelata avvenisse proprio questo giorno (михайловские утренники). Si era soliti, inoltre, organizzare banchetti ed iniziare a preparare la birra e la medovukha (una bevanda alcolica a base di miele fermentato). Durante questo giorno sovrannaturale, molti miracoli potevano accadere.
Il sette si usava raccogliere la cipolla nell'orto (Луков день).
L'otto si celebrava la Natività della Beata Vergine Maria.
Dal dieci veniva permessa la raccolta e l'essiccazione del sorbo.

Fonte: Dizionario Etnolinguistico “Slavjanskie Drevnosti”, a cura di N. I. Tolstoj
Img: Boris Kustodiev, "Autunno in provincia", 1926

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San Pietroburgo - Pietrogrado- Leningrado - San Pietroburgo

32 anni fa, il 6 settembre 1991, a San Pietroburgo è stato restituito il nome con cui fu fondata - appunto, San Pietroburgo.
Nei 320 anni trascorsi dalla fondazione, la città ha cambiato nome tre volte. Pietro I, che ne posò la prima pietra, le diede il nome di San Pietroburgo, "città di San Pietro". Il 18 agosto 1914, con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, fu rinominata Pietrogrado (Petrograd). "Siamo andati a dormire a Pietroburgo e ci siamo svegliati a Pietrogrado", scrivevano i giornali.
Il 24 gennaio 1924, dopo la morte di Lenin, la città cambiò nome di nuovo e si chiamò Leningrado. Con questo nome superò tutto il periodo sovietico, per riprendere infine nel 1991 il proprio nome d'origine.

Olga Tarovik per Cultura Italia-Russia

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Mosca e Cagliari, città dai sette colli
Testo di Gianmarco Obinu Oro


Non solo Roma, anche Mosca, la capitale della Russia e, in Italia, Cagliari, la capitale della Regione della Sardegna, furono fondate su sette colli.
Mosca sorge sui colli: Borovitskij sul quale sorge il Palazzo del Cremlino, sede della Presidenza. Čertolskij su cui fu eretta la Cattedrale di Cristo Salvatore. Taganskij dove il canale Jauza s’immette nel fiume Moscova e fu edificato il palazzo Kotelničeskaja. Ivanovskij, dove si trova un monastero del XV sec. Krasnyj, sul quale si ammira il monumento a Aleksandr Puškin. Starovagankovsij, vi si trovano la stazione della metropolitana Borovitskaja con casa Paškov. Pskov, oggi non più esistente, vi sono la Chiesa di San Giorgio e il parco Zarjadje.
Cagliari poggia sui colli: Buoncammino, anticamente acropoli, quindi fortificato, divenne il Castello sede del potere, vi sono l’Antico Palazzo di Città, la Cattedrale di Maria Santissima e il bastione dal quale si ammirano la città e il mare. Bonaria, con la Basilica dedicata a Maria Santissima, il cimitero monumentale e uno dei parchi cittadini. Monte Claro, popolato dal Neolitico e zona archeologica, ospita un parco civico e il bocciodromo. Sant’Elia, abitato da tempi remoti, con le sue numerose grotte, oggi meta di escursioni turistiche, dal 1860 svetta il faro marinaro della città. Tuvixeddu, luogo di sepolture precristiane, oggi area archeologica. San Michele, con il castello omonimo risalente al XI sec. che, nei secoli ha visto mutare più volte la propria destinazione: fortezza, vedetta, abitazione, ospedale, oggi è un museo. Monte Urpinu, ospita un ospedale e il parco cittadino più grande della città nel quale, vivono numerose specie animali.

Img: colle Borovitskij con il Cremlino

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Miсhail Zoščenko, La giostra, in Il vino nuovo, Racconti sovietici
Testo di Renato Dal Cavaliere

“Quanto ai divertimenti ed altri servizi pubblici gratuiti – secondo me- bisogna andarci piano, amici. Accordarli così e subito è un errore. Non conosciamo la misura noialtri. Se una cosa la si può avere gratuitamente, tutti vi si precipitano senza discrezione. Per esempio, durante le feste del primo maggio fu costruita una giostra: si ebbe folla attorno. Un giovinastro, evidentemente un campagnolo, si fece avanti :- E’ gratuito?- Chiese. –Sì- Egli inforcò un cavallo di legno e via; girò fino allo sfinimento. Dovettero levarlo di lì, stenderlo in terra e rinvenne. - Gira ancora? – tornò a chiedere. – Eh sì – gli risposero. – Ebbene, - disse, mi ci voglio provare ancora. Quando non si paga… Dopo cinque minuti furono costretti a portarlo via per adagiarlo di nuovo in terra: dette di stomaco a secchie. Insomma: bisogna soprassedervi, non è ancora il momento”.
Il riso di Zoščenko non è amaro ed ironico, ci chiarisce il fondo delle cose partendo da semplici fatti, e chiarendoci l’incipiente ricostruzione del nuovo mondo post rivoluzionario. I piccoli borghesi ed i contadini del nostro, tra cui le parole “ cittadino” e “ compagno”, introdotte dalla rivoluzione, bastano per riassumere il nuovo assetto sociale ci forniscono il mezzo per giudicare la qualità e la quantità dei semi gettati dalla rivoluzione. Davanti a noi abbiamo un’intera galleria di quadri vivaci della vita sovietica e soprattutto le piccole miserie scaturite dal nuovo modo di vivere, dove “ sembra che tutto possa diventare gratuito e quindi si possa abusarne con gli effetti negativi che comporta”.

Foto: Michail Zoščenko

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La chiesa di Cristo Salvatore a Sanremo
Testo di Gian Piero Angeleri

Il tempio, dedicato a Cristo Salvatore, a Santa Caterina, martire del III secolo, e San Serafino di Sarov, è di forma cubica, costruito in mattoni e sormontato da cinque cupole a bulbo. La sommità delle pareti esterne è semicircolare, per dare una transizione armoniosa dalle forme squadrate delle pareti stesse alle cupole. Queste sono sormontate da scaglie multicolori, che donano un aspetto caratteristico all’edificio.
L'iconostasi fu concepita per contenere le icone dei santi protettori della chiesa. Queste tavole furono però rimosse e collocate sulle pareti del tempio; al loro posto furono collocate le icone degli arcangeli Michele e Gabriele, opere dell'iconografo Tsevčinskij. In tempi recenti il tempio è stato arricchito da pregevoli opere dell'iconografo Alexander Molčanov.

La chiesa nasce per volontà della imperatrice Maria moglie di Alessandro II che trascorse una vacanza a Sanremo. Per riconoscenza della bella accoglienza donò alla città le palme che ancora ornano il corso chiamato in suo onore Corso Imperatrice. Questo suo desiderio fu condiviso e sostenuto dalle molte famiglie nobili che possedevano ville per vacanze in questa cittadina della riviera ligure di ponente.
Il progetto è di Aleksej Ščusev, che progettò anche la chiesa russa di Bari, oltre che il mausoleo di Lenin, cui deve la sua notorietà. Ščusev non venne però mai in Italia, per cui il progetto fu completato da Pietro Agosti, che ne seguì la realizzazione. La costruzione iniziò nel novembre 1912.
La chiesa è tuttora luogo di culto e meta di visite turistiche.

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In questi giorni, il 9-10 settembre Mosca festeggia il suo 876mo compleanno!

Leggenda della nascita di Mosca:
Mosca viene menzionata per la prima volta nelle cronache russe nel 1147. Il racconto нdel “pranzo forte” a cui il principe Yuri Dolgorukij (Braccio Lungo) invitava il suo alleato principe Svjatoslav (“Vieni da me, fratello, a Mosca”) getta comunque poca luce sulla vera storia della fondazione della capitale russa. Al tempo del convito dei due principi, certamente Mosca esisteva già ed era abbastanza grande e prospera per poter accogliere e sfamare i due eserciti alleati. I cronisti dei secoli successivi, quindi, cercarono di riempire questo vuoto raccontando varie leggende, probabilmente inventate ma ad ogni modo interessanti.
Così, il “Racconto dell’inizio della grande città regnante di Mosca” di un ignoto autore del XVII secolo narra che un giorno Yuri fosse in viaggio verso Vladimir per visitare il figlio Andrej e “venne al posto, dove ora sta la città regnante di Mosca”. Allora sulle due rive della Moscova (in russo Moskvà, come il nome della città) si trovavano dei “bei paesi”, possedimento di un ricco boiardo di nome Kučka. Questo boiardo, “pieno di orgoglio”, si rifiutò di “porgere [a Yuri] gli onori come si conviene coi gran principi” e addirittura “lo coprì di insulti”. Yuri si arrabbiò e uccise Kučka, dopo di che salì sul colle ed “amò questi paesi, e ordinò di costruire presto su quel luogo la piccola città, e la chiamò con il nome di quel fiume, Mosca.” Presto Yuri fu preso dal rimorso per aver ucciso Kučka e decise di prendersi cura dei suoi orfani. Prese con se i due figli maschi di Kučka, Pёtr e Jakim, e diede in sposa al proprio figlio Andrej la figlia di Kučka, Ulita.
Quanto sia vera questa storia, non si sa, ma è curioso che in alcuni documenti del XII secolo la giovane città venisse nominata non Mosca, ma Kučkov o Kučkovo.

Testo di Olga Tarovik

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Sistema la tua carrozza d’inverno e la slitta d’estate (Правь телегу зимой, а сани — летом)
Testo di Enrico Festa

Così recita un antico detto russo che invita a non sottovalutare la rigida stagione ed a preparare tutto il necessario per affrontare questo lungo periodo, ma come assicurarsi che il cibo accumulato per le provviste si conservi correttamente? In questo campo, tutta l’esperienza contadina maturata nei secoli ha affinato una vera e propria arte di conservazione dei cibi e sono tornate in voga tutte quelle tecniche di preservazione che un tempo erano molto diffuse. I più famosi in assoluto sono i cetrioli ed in molti sono a conoscenza dell’amore sconfinato dei russi per queste verdure, che non mancano mai in un’occasione in cui si beve qualche bicchierino di vodka tra amici: il loro sapore sapido sembra accompagnare benissimo il gusto forte dell’alcol. I cetrioli possono essere marinati in due modi: con l’aceto, oppure semplicemente con sale ed acqua. Alcuni credono che dopo una bevuta eccessiva, ci si possa riprendere facilmente bevendo la loro salamoia. Altra stella della marinatura è l’aglio che, nonostante il suo odore e sapore pungente, diviene delicato quando è sotto marinatura. Il cavolo in salamoia è passato alla storia per avere aiutato i marinai a prevenire lo scorbuto durante i lunghi viaggi in mare, grazie al suo elevato contenuto di vitamina C. È un ingrediente essenziale nelle zuppe soljanka e shchi. I pomodori in salamoia sono un alimento popolarissimo in Russia e si possono trovare in qualsiasi supermercato, proprio come i cetrioli, poiché entrambi si accompagnano perfettamente alle bevande alcoliche.

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Ivan Tsvetaev e l'Italia
Testo di Anna Maria Messuti


"L'Italia è un paese meraviglioso, i cui ricordi rimangono per sempre cari a chiunque il destino abbia condotto sotto questo cielo così lontano." Così Ivan Vladimirovič Tsvetaev, padre della celebre poetessa Marina e della scrittrice Asja, descrive i due viaggi compiuti in Italia nell'opera "Putešestvie po Italii" ("Viaggio in Italia") del 1875. Rinomato archeologo e docente di filologia classica presso l'Università di Mosca, per tutta la vita il suo sogno fu quello di creare un museo accessibile a tutti, dove si potessero ammirare i più grandi tesori dell'arte antica ed europea. Marina Tsvetaeva ricorda che quando il padre tornava nella casa di Mosca, al vicolo dei "Tre stagni", recava spesso con sé dei doni dicendo: "Questo è per te, questo è per Asja, questo è per Andrej e questo è per il museo". Il Museo Puškin delle Belle Arti, inaugurato il 13 giugno del 1912, divenne il capolavoro di una vita per Ivan Tsvetaev e un "gigantesco fratello minore" per i suoi figli. Già nel 1874 il professore Tsvetaev era giunto in Italia per approfondire lo studio delle antiche lingue italiche, e aveva iniziato il suo viaggio da Napoli immergendosi nelle meraviglie del Museo Nazionale, che custodiva un tesoro di iscrizioni e reperti. Insieme ad altri archeologi italiani, si dedicò allo studio dei dialetti osci, umbri e sanniti, lavorando attivamente nel sito archeologico di Pompei. Uno dei suoi studenti, il filologo e critico d'arte Dmitrij Nedovich, scrisse: "Le sue lezioni di lingua e letteratura romana erano note per la loro straordinaria varietà. Egli ci illustrava l'arte romana, facendo apparire le vivide immagini di Pompei con il suo vibrante foro e le terme. Ci conduceva, spiegando l'arte dell'era cristiana, nelle catacombe di Roma dove ammiravamo le tombe e i soffitti affrescati. E infine, ci immergevamo nella scultura greca mentre i gruppi di gesso sembravano prendere vita davanti agli occhi di tutti."

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