Cultura Italia-Russia
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Progetto di cultura e lingua russa,
a cura di Olga V. Petukhova e Olga Tarovik.
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Ivan Tsvetaev e l'Italia
Testo di Anna Maria Messuti

"L'Italia è un paese meraviglioso, i cui ricordi rimangono per sempre cari a chiunque il destino abbia condotto sotto questo cielo così lontano." Così Ivan Vladimirovič Tsvetaev, padre della celebre poetessa Marina e della scrittrice Asja, descrive i due viaggi compiuti in Italia nell'opera "Putešestvie po Italii" ("Viaggio in Italia") del 1875. Rinomato archeologo e docente di filologia classica presso l'Università di Mosca, per tutta la vita il suo sogno fu quello di creare un museo accessibile a tutti, dove si potessero ammirare i più grandi tesori dell'arte antica ed europea. Marina Tsvetaeva ricorda che quando il padre tornava nella casa di Mosca, al vicolo dei "Tre stagni", recava spesso con sé dei doni dicendo: "Questo è per te, questo è per Asja, questo è per Andrej e questo è per il museo". Il Museo Puškin delle Belle Arti, inaugurato il 13 giugno del 1912, divenne il capolavoro di una vita per Ivan Tsvetaev e un "gigantesco fratello minore" per i suoi figli. Già nel 1874 il professore Tsvetaev era giunto in Italia per approfondire lo studio delle antiche lingue italiche, e aveva iniziato il suo viaggio da Napoli immergendosi nelle meraviglie del Museo Nazionale, che custodiva un tesoro di iscrizioni e reperti. Insieme ad altri archeologi italiani, si dedicò allo studio dei dialetti osci, umbri e sanniti, lavorando attivamente nel sito archeologico di Pompei. Uno dei suoi studenti, il filologo e critico d'arte Dmitrij Nedovich, scrisse: "Le sue lezioni di lingua e letteratura romana erano note per la loro straordinaria varietà. Egli ci illustrava l'arte romana, facendo apparire le vivide immagini di Pompei con il suo vibrante foro e le terme. Ci conduceva, spiegando l'arte dell'era cristiana, nelle catacombe di Roma dove ammiravamo le tombe e i soffitti affrescati. E infine, ci immergevamo nella scultura greca mentre i gruppi di gesso sembravano prendere vita davanti agli occhi di tutti."

Cultura Italia-Russia
Helena Blavatsky e la nascita della Teosofia
Testo di Guglielmo Timurlang

Nel secolo XIX, tra il mistero delle stelle e il richiamo delle profondità spirituali, emerse una figura luminosa Helena Petrovna Blavatsky, conosciuta come HPB. Nacque il 12 agosto 1831 in Russia e si spense nel silenzio di Londra l'8 maggio 1891.
Come una stella errante nel firmamento, Blavatsky illuminò il cammino del movimento teosofico. La sua vita fu un mistero, una danza tra l'oscurità e la luce. Le sue teorie esoteriche e spirituali affascinarono e sconcertarono, creando un alone di incertezza intorno a lei.
Nel 1875, come un'artigiana dell'antica saggezza, Blavatsky, insieme a Henry Steel Olcott e William Quan Judge, plasmò la Società Teosofica. La loro missione era illuminare le menti con le dottrine teosofiche, ove risiedeva la saggezza primordiale, un filo d'oro che univa tutte le religioni e le filosofie del mondo.
Le sue opere principali, "Iside svelata”, nel 1877, e “La dottrina segreta”, nel 1888, furono come perle di conoscenza, contenenti segreti antichi. Blavatsky tracciò sentieri attraverso i concetti di reincarnazione e karma, dipingendo un quadro dell'evoluzione spirituale e rivelando l'esistenza di maestri spirituali illuminati.
Tuttavia, come ogni astro luminoso, HPB non fu immune dall'oscurità delle critiche. Ma indipendentemente dalle controversie, il suo impatto sulla spiritualità occidentale fu profondo e indelebile. Helena Petrovna Blavatsky fu un ponte tra est e ovest, diffondendo l'interesse per la spiritualità orientale nei cuori occidentali. La sua vita e il suo lavoro restano un enigma, una testimonianza della continua ricerca dell'umanità per la verità nascosta tra i veli del mistero.

Cultura Italia-Russia
Il GUM di Mosca
Di Anna Laura Santella

Nel cuore vibrante di Mosca, sorge un monumento all'eleganza, al lusso e alla storia: il GUM, acronimo di Glavnyj universal'nyj magazin. Il GUM, situato lungo il lato orientale della Piazza Rossa di Mosca, vanta un retaggio storico che si intreccia con il tessuto stesso della Russia. Fondato nel 1893 durante il regno di Alessandro III, il GUM ha attraversato periodi tumultuosi della storia russa, compresa la rivoluzione bolscevica e l'era sovietica. Durante quest'ultima, l'edificio fu nazionalizzato e adibito a un grande magazzino di stato. Ma con la caduta del regime comunista, il GUM ha riacquistato la sua vocazione di centro commerciale di lusso e centro di intrattenimento. L'architettura del GUM è in sé una testimonianza dell'ingegno umano. Le sue imponenti arcate in stile neoclassico e il design ornamentale ne fanno un capolavoro architettonico senza pari. L'edificio stesso sembra catturare l'essenza della grandezza imperiale russa, con dettagli ornamentali, vetrate artistiche e una maestria costruttiva che richiamano un'epoca passata. Le gallerie interne, illuminate da luci soffuse e dettagli dorati, accolgono i visitatori in un mondo di eleganza e raffinatezza. Il GUM di Mosca è un simbolo che coniuga passato e presente in un abbraccio senza tempo. Attraverso le sue pareti ricche di storia, i suoi pavimenti lucidi e le sue vetrine luminose, il GUM crea un'esperienza che si evolve costantemente. È un omaggio alla tradizione russa, un tributo all'innovazione e una testimonianza di come il lusso e la cultura possono fondersi in un unico luogo.
In definitiva, il GUM di Mosca non è solo un centro commerciale, ma un luogo di ispirazione, bellezza e scoperta. Attraverso il suo magnifico design, la sua storia travagliata e la sua posizione iconica, il GUM continua a catturare l'immaginazione di coloro che vi si avventurano, offrendo un'esperienza straordinaria che incarna l'anima stessa della città di Mosca.

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Il Capodanno liturgico ortodosso - Летапреложение
Testo di Lali Burduli

Il 14 settembre gli ortodossi si salutano con gli auguri di Capodanno - l’Indizione. Nei calendari liturgici ortodosso e greco-cattolico questo giorno designa l'inizio dell'anno ecclesiastico, lndiktos (il 1º settembre secondo il calendario giuliano). Il termine deriva dal greco Ινδικτιών, Indiktion.
Questa data arrivò in Russia da Bisanzio, in cui ogni 15 anni il 1 ° settembre, alla fine del raccolto, veniva riscossa una tassa per fornire benefici statali ai soldati in congedo che avevano prestato servizio nell'esercito per 15 anni. In Russia, l’indizione è diventata una festività dello stato e della chiesa dal 1492. E nonostante il fatto che Pietro il Grande nel 1700 abbia rinviato la celebrazione civile del Capodanno al 1 ° gennaio, nel calendario ecclesiale l’indizione rimane legata al giorno del 14 (1) settembre. Tuttavia, questa celebrazione oggi non ha più alcun legame con l'esercito o con la tassa statale.
Il significato della liturgia dell’indizione si rifà alla predicazione di Gesù Cristo nella sinagoga di Nazareth quando il Salvatore disse che venne a "predicare un anno di grazia del Signore" (vedere: Luca 4:19).

Img: l'Icona "Indizione dell'anno nuovo", Museo Russo, San Pietroburgo / Икона "Летапреложение (Индикт нового лета)" Русский музей, Санкт-Петербург

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Natura morta o trionfo di vita? Pёtr Končalovskij
Testo di Emmanuela Castiglione

Immaginiamo di passeggiare in un giardino fiorito: il sole illumina le corolle variopinte, gli occhi gioiscono per i colori brillanti; mille profumi riempiono l'aria, gli insetti ronzano inebriati.
Raccogliere fiori è un piacere forse un po' egoistico ma istintivo, elementare ed antico: significa prendere un frammento di bellezza tutto per sé, e portarselo via. Dalle siepi, dalle aiuole, dal prato un fiore, poi un altro, poi ancora un bocciolo... finché ci ritroviamo fra le braccia un fascio di steli recisi che dovremo sistemare una volta rientrati a casa.
I fiori sono gioia e bellezza e molte fra le nature morte di Pëtr Končalovskij esprimono pienezza ed intensità di vita; questo però è un quadro "in divenire", che ci invita ad immaginare una storia. Chi avrà raccolto così tante essenze? Chi sta sistemando tutte queste corolle nei cesti, nei vasi e persino nel piccolo annaffiatoio? Un gran lavoro mettere trovare posto per tutto, e ancora qualcosa avanza sul tavolo, con i petali che iniziano a sgualcirsi. Siamo liberi di immaginare le mani che lavorano, e gli aromi che si diffondono nella stanza.
Končalovskij amava la bellezza e credeva nella sua eternità, nel suo potere di superare ogni dolore. Come artista visse varie esperienze e adottò diversi stili espressivi nel corso della sua carriera; ma l'intensità e la brillantezza di luce e colori sono una qualità irrinunciabile delle sue opere, riflesso di una personalità positiva e di un carattere solare.

Img: Pëtr Petrovič Končalovskij. Natura morta. Quattro mazzi sul tavolo con annaffiatoio (1939)
Museo Russo dell'Impressionismo, Mosca

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I syrniki - deliziosi dolci russi a base di ricotta
Testo di Kate Karpova per Cultura Italia Russia

I syrniki è uno dei primi sapori che ricordiamo dall'infanzia. Un gusto che rimane con noi per tutta la vita. Il cuore di tvorog, morbido come una nuvola, ricoperto da una sottile crosta croccante, calda e cosparsa con smetana (panna acida), marmellata o miele. Da acquolina in bocca...
Ma se il suo cuore è fatto di morbido tvorog e non di formaggio (syr), perché il nome syrnik? Presto spiegato: nei tempi antichi, il tvorog veniva considerato un formaggio in Russia fino alla comparsa dei formaggi di "oltremare", momento nel quale questa associazione fu abbandonata. Ma il piatto aveva già acquistato eterna fama con il nome di syrnik.
Аnche la loro forma non è mai cambiata. I syrniki sono sempre stati rotondi, come altri piatti russi tipici a base di farina (i bliny e gli olàd'i, ad esempio) poiché questa forma ricorda il dio slavo del sole Yaril, che veniva ringraziato per l’abbondante raccolto e la ricca tavola. Ci sono un numero infinito di ricette di syrniki e ognuna è interessante e gustosa a modo suo.
Perché i syrniki sono così popolari? Perché sono di veloce preparazione, convenienti e, soprattutto, deliziosi e delicati.
In Italia sono adattati utilizzando la ricotta al posto dell’irreperibile tvorog ed il risultato è sublime!

Cultura Italia-Russia
“Oblomov” di Ivan Gončarov

Oblomov rappresenta il simbolo della persona disadattata, incapace di affrontare le sfide della vita.
La sua passività, l’ingenuità con cui affronta una società assetata di ricchezza e di competizione fanno di questo strano aristocratico un personaggio indimenticabile.
La sua indolenza, l’“oblomovismo” per l’appunto, non finisce mai di suscitare la simpatia dei lettori di tutto il mondo. Ma sarebbe facile liquidare Oblomov come un semplice fallito, isolato e in fuga perenne dagli altri.
Allo stesso modo sarebbe altrettanto facile liquidare il suo tragico destino solo in base alla sua attitudine verso la vita. Nel suo rifiuto della società, Oblomov rappresenta invece il polo opposto rispetto a quello del Don Chisciotte di Cervantes.
Oblomov non combatte con i mulini a vento solo perché nel suo mondo non c’è più nessuno spazio per imprese cavalleresche da raccontare. Il suo rifiuto della realtà non può che manifestarsi come un pigro ripiegarsi su se stesso.
Oblomov resta pertanto il grande capolavoro di Ivan Aleksandrovič Gončarov, nato a Simbirsk il 18 giugno 1812 e morto a San Pietroburgo il 27 settembre 1891. Pubblicato nel 1859, il romanzo ha contribuito enormemente alla fama dell’autore nel panorama della letteratura russa ed europea. Dal romanzo sono state tratte varie versioni cinematografiche, tra le quali la più famosa è quella di Nikita Michalkov del 1979.

Testo di Marco Incardona

Cultura Italia-Russia
Che cos'è il samovar per i russi?
Testo di Annalisa Di Santo

Il samovar era un attributo imprescindibile della tavola russa, del čaepitie (rito del bere il tè). Il samovar, dal russo "bolle da solo" o meglio "bolle da solo l'acqua", è un bollitore per il tè che non può mancare in nessuna casa russa. Intorno al XVIII secolo esistevano anche samovar da viaggio, detti stranniki. In Russia esiste anche una capitale dei samovar: Tula. In questa città venivano fabbricati veri capolavori d'arte applicata russa. I samovar di Tula, oltre ad essere economici e decoratissimi, avevano una caratteristica unica: la musicalità. Prima di bollire, questa "macchina da tè" iniziava a canticchiare come un grillo. Ecco perché i russi dicono tuttora "a Tula non si va con il proprio samovar", riferendosi ad azioni insensate.
Il poeta Boris Sadovskij, come premessa alla sua raccolta "Samovar", afferma: "Il samovar nella nostra vita occupa un posto enorme. Si tratta di un fenomeno puramente russo, incomprensibile agli stranieri. Un russo nel brusio e sussurro del samovar si figura voci note fin dall'infanzia: i sospiri del vento primaverile, le care canzoni materne, l'allegro fischio di richiamo della tormenta di neve in campagna".
Il samovar è simbolo dell'accoglienza russa, infatti si dice anche "Il samovar sta bollendo - ordina di non andare via".

Cultura Italia-Russia
PEL'MONARA
È come la classica carbonara, ma con i pel'meni.*
(350 rubli).

*I pel'meni sono un piatto tipico tradizionale della Russia. Si tratta di una sfoglia di pasta ripiena di carne, molto simile ai tortellini.

Traduzione di Alessandra Isernia

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Dostoevskij e l’avverbio illuminante dell’improvviso.
Testo di Emiliya Pietropaolo

L’avverbio vdrug’, ‘improvvisamente’, in Dostoevskij è onnipresente, basta pensare alle opere come Bednye liudi (povera gente) o Idiot (l’idiota). L’improvviso che usa Dostoevskij nei suoi romanzi è per rendere evidente l’azione, il comportamento normale dell’eroe, non lo usa in un modo accidentale, tutt’altro. Gogol, per esempio, lo usava in una maniera limitata e in casi eccezionali, questo ci fa capire che Dostoevskij ha iniziato usare quest’avverbio quando si trovava sotto l’influsso della ‘scuola naturale’. Il Vdrug viene usato dall’autore per determinare la potenza emotiva e per far uscire la verità nascosta dei personaggi. Questa scarica illuminate, è evidente per esempio nel -baciamano- come accade nell’Idiota o nei fratelli Karamazov con Nastas’ja Filippovna e Grusenka. Sicuramente chi ha letto l’Idiota, conosce perfettamente la scena dei soldi, quando Nastas’ja Filippovna getta i soldi nel camino come a dire che lei non era in vendita, questo è il motivo nascosto dell’azione che è illuminante per farci comprendere il personaggio. Dostoevskij con l’utilizzo di quest’avverbio ti fa vedere l’azione dei personaggi in un modo diverso in un modo positivo oppure negativo, a seconda dalle circostanze in cui si trovano i personaggi.

Questo vdrug di Dostoevskij, quando lo trovate, vi fa battere il cuore? Avete trovato nei suoi romanzi altre scene di questo tipo?

Immagine: film del 1959 (diretto da Ivan Pyr’ev). Nastas’ja Filippovna dopo aver ricevuto i soldi da parte di Rogozhin, li getta nel camino, sfidando chiunque dei presenti a prenderli.

Cultura Italia-Russia
Il 21 settembre - Festa della Natività della Vergine Maria
Testo di Lali Burduli

Dai primi secoli della fede cristiana la santa Chiesa ha istituito questa festa celebrata come un giorno di gioia universale.
La Natività della Santissima Theotokos (Madre di Dio) è una delle 12 feste più importanti dell'anno liturgico che sono associate agli eventi della vita terrena di Gesù Cristo e della Vergine Maria. Poiché il capodanno della chiesa non cade il 1 ° gennaio, ma il 1 settembre, la Natività della Santissima Theotokos apre una serie di festività religiose dell'anno liturgico.
A questo periodo sono naturalmente associate la raccolta e la fine dei lavori estivi nei campi. I contadini tradizionalmente ringraziano la Madre di Dio per il raccolto e invocano il suo aiuto per l'anno successivo.
La Festa si celebra nel periodo "carnivoro" dell'autunno, tra le Feste della Dormizione e del Natale, quando è permesso mangiare carne, per così dire, immagazzinando grasso, prima del lungo e freddo inverno. Inoltre, l’autunno “carnivoro” è un momento tradizionale per celebrare i matrimoni.
In questo giorno in Russia, prestano attenzione al tempo, perché predice il carattere del prossimo inverno. Se gli uccelli volano alti in questo giorno, l'inverno non ha ancora fretta di arrivare e se volano bassi - l’inverno arriverà presto. Se piove tutto il giorno, pioverà per altre sette settimane, mentre la rugiada sull'erba "preannuncia" il gelo e la brina.

Icona: Natività della Vergine - Pskov, XVI-XVII secoli

Cultura Italia-Russia
I fiori preferiti dai russi
Testo di Paola Varalli

I fiori possono avere un significato speciale in Russia. L’invio di un numero pari di fiori a una persona cara non susciterà una risposta calorosa e affettuosa, poiché è associato alla morte e ai funerali. I fiori gialli dovrebbero essere evitati per lo stesso motivo, ma l’enorme selezione di magnifiche fioriture disponibili compensa ampiamente l’omissione.

Rose, gerbere e gigli sono disponibili in un’incredibile gamma di colori che esprimeranno perfettamente qualsiasi emozione desiderata. Il rosso per l’amore vero, il bianco per l’amicizia e l’arancione per la passione sono solo alcuni esempi di composizioni sfolgoranti, rese ancora più suggestive dall’esplosione delle numerose varietà di alito di bambino che crescono copiose nella regione del Volga inferiore del Paese. Ogni area del paesaggio russo offre un contributo unico di colore e bellezza alla flora del Paese.

È un luogo in cui la conservazione della natura è una priorità e i fiori giocano un ruolo importante in molte feste come la Notte di Kupala, in cui si crede che le piante e gli animali acquisiscano il potere della parola. La capitale della Russia ha una flora naturale altrettanto impressionante. La camomilla avrà sicuramente un ruolo importante, in quanto è il fiore nazionale russo ed è famosa per le sue proprietà curative. Le orchidee e i garofani sono altri due fiori molto apprezzati dai russi, e chi intende inviare fiori a Mosca difficilmente può sbagliare con questi.

Cultura Italia-Russia
Aleksej Tolstoj - L’iperboloide dell’Ingegner Garin
Testo di Andrea Cortese

Aleksej Tolstoj è uno principali esponenti della prima ondata di fantascienza russa. Dopo le avventure marziane di Aelita (1923) l’autore fa "ritorno" sulla Terra e approfondisce la tematica delle armi di distruzione di massa già sperimentata nella povest’ L’unione dei cinque (1925). Si inventa l’iperboloide, che non è un’astrusa figura geometrica, ma un temibile congegno che emette radiazioni termiche in grado di distruggere praticamente tutto. Non è ancora il raggio-laser vero e proprio, ma ormai ci siamo… Se l’idea del raggio-della-morte in sé non è nuova (vedi La Guerra dei Mondi di Wells), il dispositivo tolstoiano è descritto minuziosamente ed è estremamente versatile, prestandosi a varie applicazioni pratiche. L’inventore perde progressivamente il lume della ragione e diventa un vero e proprio scienziato pazzo: crea una base su un’isola dell’oceano Pacifico, inizia a estrarre grandi quantità d’oro dalle viscere della Terra e causa il crollo del gold standard. Con esso, una crisi finanziaria senza precedenti che sfrutta cinicamente per prendere il potere politico negli USA, diventando il dittatore Pierre Harry. Non spoileriamo il resto dell’intreccio e il finale. Basti dire che in tutto questo scenario distopico si inserisce l’elemento della contrapposizione ideologica tra est e ovest, in funzione anticapitalista, tra armi chimiche, guerre aeree e rivoluzioni.
Dal romanzo sono state tratte due pellicole cinematografiche, nel 1965 e nel 1973. In Italia si attende una traduzione dopo che l’opera è apparsa in tutto l’orbe terracqueo (le prime edizioni spagnole risalgono addirittura agli anni ’30...).

Img: Locandina del film del 1965

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La fantascienza russa dalla fine dell'impero ai primi anni della rivoluzione
Testo di Andrea Cortese

Pur avendo origini comuni alle esperienze europee e americana (Jules Verne) la fantascienza russa ha preso una strada diversa e si è sviluppata, per almeno 50 anni, in modo sostanzialmente autonomo (lo confermava Isaac Asimov). Mentre in Italia la fantascienza ha sempre dovuto scontare l'ingiusta fama di letteratura "minore", in Russia è stata sempre presa molto sul serio. Saldamente ancorata alla tradizione e ai classici (Puškin, Gogol' ecc.), si presenta al contempo innovativa, sotto molteplici punti di vista.
Tra i pionieri c’è Konstantin Tsiolkovskij, padre della cosmonautica teorica e del c.d. “ascensore spaziale”, che lascia il segno con novelle del calibro di “Sulla Luna” (1887) e “Fuori dalla Terra” (1896).

L’apice si raggiunge negli anni ’20, vero e proprio decennio aureo: tra il 1919 e il 1920 Evgenij Zamjatin regala il primo capolavoro della moderna distopia, “Noi”, sfortunata vittima della censura. Problemi analoghi li patisce Michail Bulgakov, che contribuisce con opere fondamentali, sui guasti di una sperimentazione dissennata, come “Cuore di cane” e “Uova fatali” (entrambe del 1925).
A raccogliere la sfida di Bogdanov c’è Aleksej Tolstoj, il “conte rosso”, artefice del primo vertice del genere, “Aelita” (1923) e padre dello scienziato pazzo descritto ne “L’iperboloide dell’Ingegner Garin” (1927).
Vladimir Obrucëv, con le sue sfide verniane, crea resoconti di spedizioni scientifiche fittizie su terre inesplorate, tanto dettagliati e verosimili da trarre in inganno e tenere col fiato sospeso schiere di lettori (“Plutonia”, del 1924 e “La terra di Sannikov”, del 1926).
Chiude questo breve compendio Aleksandr Beljaev, prolifico autore che s’interessa di vari campi della scienza, soprattutto di genetica e trapianti, in modo quasi poetico (la sua opera più nota è “L’uomo anfibio”, 1927).

Cultura Italia-Russia
Il Museo Dostoevskij: alla scoperta del genio letterario
Testo di Anna Laura Santella

Il Museo Dostoevskij di San Pietroburgo offre un'immersione straordinaria nella vita e nell'opera del celebre scrittore Fëdor Dostoevskij. Situato nell'appartamento in cui Dostoevskij visse e scrisse tra il 1878 e il 1881, il museo è stato accuratamente restaurato per ricreare l'atmosfera dell'epoca. La sua collezione comprende manoscritti, documenti personali e oggetti appartenuti allo scrittore, permettendo ai visitatori di esplorare la sua produzione letteraria e la sua visione del mondo. Uno spazio affascinante è il "Salotto di Dostoevskij," dove l'autore si riuniva con altri intellettuali per discutere di politica, filosofia e letteratura. Il museo offre anche mostre interattive ed eventi culturali che esplorano il mondo letterario e filosofico di Dostoevskij. Per gli amanti della letteratura, del pensiero filosofico e dell'indagine delle profondità dell'animo umano, il Museo Dostoevskij è una destinazione imperdibile, un'opportunità unica di avvicinarsi al genio di uno dei più grandi scrittori della storia letteraria mondiale.

Cultura Italia-Russia
- Descrivete la vostra vita.
- Si possono dire parolacce?
- No.
- Allora tutto bene.

Traduzione di Donata de Bartolomeo

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Aleksandr Dobroljubov, il poeta delle Lettere da Torino su Cavour e l’Italia
Testo di Guglielmo Timurlang

La vita di Aleksandr Dobroljubov, poeta decadente russo, è davvero straordinaria e fuori dagli schemi. La sua transizione da un provocatore e flâneur decadente all'abbandono di tutto per abbracciare la vita monastica e poi, ancora, l'eremitaggio, riflette una profonda ricerca spirituale e una ribellione contro i conformismi dell'epoca.
Questo percorso, simile in qualche modo a quello di poeti maledetti come Rimbaud nell'Occidente, dimostra la complessità della sua personalità e la sua lotta interiore tra la vita peccaminosa e la ricerca della fede e della purezza. La storia di Dobroljubov sembra essere un esempio classico di una figura "alla russa" del poeta maledetto, come descritto da Angelo Maria Ripellino.
La sua scelta di abbracciare la vita monastica alle Solovki, per poi rifiutarla a causa del rigore che reputava fasullo, e infine intraprendere un percorso di pellegrinaggio ed eremitaggio testimonia la sua continua ricerca di significato e verità nella vita. Questo cammino, sebbene eccezionale, rispecchia un desiderio profondo di esplorare l'interiorità e sfuggire alle convenzioni sociali e religiose.
Nel contesto della poesia russa del periodo, la figura di Aleksandr Dobroljubov rappresenta una sfida alla tradizione letteraria e religiosa, incarnando l'idea del poeta come individuo in conflitto con il mondo circostante e alla ricerca di una via personale verso la redenzione o l'illuminazione.
La sua storia rimane un punto di interesse nella letteratura russa e nell'analisi dei poeti maledetti, poiché incarna la complessità delle esperienze umane e la lotta per trovare un senso nella vita, sia attraverso la ribellione sia attraverso la ricerca spirituale.

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Gogol', professore di Storia medievale
Testo di Anna Maria Messuti

Dopo il successo dei racconti legati al mondo ucraino, in Gogol', all'interesse per l'elemento folcloristico, si aggiunse quello storico, con la pubblicazione del primo capitolo di un romanzo firmato con lo pseudonimo di "0000". Si trattó di "un parto quadrigemino di zeri" fondato, si dice, sul fatto che in Nikolaj Gogol' Janovskij ci sono 4 "o", come se egli avesse voluto celare la propria identità selezionando un vuoto per poi moltiplicarlo per 4. Il suo più grande desiderio divenne quello di ottenere una cattedra di Storia all'università di Kiev, anche perché la sua salute, a causa del rigido clima di Pietroburgo, era peggiorata. In una lettera indirizzata a Puškin lo pregò di intercedere presso il ministro dell'istruzione Uvarov, e lo stesso fece con il poeta Žukovskij , allora precettore del giovane Alessandro I. E così Uvarov, cinto d'assedio da ogni parte, lo nominò professore associato di Storia medievale, non a Kiev ma a Pietroburgo. All'inizio di settembre, il professor Gogol preparò con cura la sua prima lezione, e illustró con entusiasmo un'immagine vivida del Medioevo, sfoggiando la sua eloquenza poetica. Ad una delle sue conferenze partecipò anche Puškin, che rimase stupito dal suo stile brillante. Ben presto però, le intuizioni geniali si dimostrarono insufficienti ad alimentare un metodico corso di insegnamento. Fra i suoi studenti c'era Turgenev secondo il quale Gogol', in due lezioni su tre, brillava per la sua assenza. Le volte che si faceva vedere in cattedra, biascicava suoni sconnessi e si limitava a mostrare siderografie di siti orientali. Di storia, secondo Turgenev, non aveva la più pallida idea: agli esami sedeva con un fazzoletto intorno alla testa, come se avesse mal di denti, e faceva interrogare gli studenti da un altro professore. Dopo qualche mese Gogol' lasciò l'insegnamento, decidendo di dedicarsi alla sua vera vocazione, e il suo genio partorì capolavori come Taràs Bul'ba e Mirgorod.

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Sofia, una donna dietro al trono

Alla fine del XVII secolo la Russia visse un tumultuoso periodo di transizione: la “vecchia” Russia patriarcale moscovita lasciò posto alla Russia nuova, europeizzata, pietroburghese. Prima che il giovane Pietro il Grande potesse compiere questa difficile trasformazione, però, dovette affrontare molte forze ostili. Una di queste forze era la sua stessa sorella Sofia.
Pietro e Sofia, figli dello zar Alexej Mikhailovič da due mogli diverse, appartenevano a due clan nemici che nel 1682 si scontrarono in una violenta lotta per il potere. Sofia, che allora aveva 25 anni, approfittò della sanguinaria sommossa degli strelzi, l’esercito moscovita, per prendere il potere nelle proprie mani e allontanare Pietro, che ne aveva appena 10, dalla capitale. Nonostante Pietro e suo fratello Ivan figurassero come “gran sovrani”, tutta la politica veniva decisa da Sofia: un caso più unico che raro per la società russa dell’epoca, dove le donne delle famiglie nobili passavano tutto il tempo in casa. Per entrambi i giovani zar fu fabbricato il doppio trono con la tendina. Nascosta dietro, Sofia gli suggeriva le risposte durante le cerimonie. Iniziò a scrivere il proprio nome nei documenti insieme ai nomi dei fratelli e, addirittura, a valutare l’idea di incoronarsi. Aggiunse al suo titolo i nomi di “sovrana” e “autocrate” (una cosa veramente mai vista prima!), e ordinò il proprio ritratto con i vestiti tradizionali maschili da cerimonia, il mondo e lo scettro, con lo sfondo dell’aquila bicipite.
Purtroppo per Sofia, all’epoca delle imperatrici mancava ancora qualche decennio. Appena Pietro diventò adulto, lei, essendo donna, perse ogni diritto di rimanere al potere. I boiardi e l’esercito passarono dalla parte di Pietro, che, diventato zar a tutti gli effetti, chiuse la sorella nel monastero Novodevičij di Mosca, dove passò il resto dei suoi giorni.

Img: Il'ja Repin. La zarevna Sofia al monastero Novodevičij.
1879, Galleria Tret’jakov, Mosca

Olga Tarovik

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Mi piaceva tanto l'autunno- l'autunno avanzato, quando il grano è già stato riposto , quando tutti i lavori sono terminati, quando nelle capanne già incominciano le veglie, quando tutti già aspettano l'inverno. Allora tutto diventa più tetro, il cielo si copre di nuvole, le foglie ingiallite si stendono sui sentieri ai margini del bosco ormai nudo, e il bosco diventa azzurro- cupo, quasi nero.

Materiale fornito da Nina Nocera
F.M. Dostoevskij, "Povera gente".

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